Dopo la stagione dei tagli alla pubblica amministrazione e alla scuola (personale, manutenzione, tempo scuola) è arrivata quella dei finanziamenti. Siamo alla scadenza dei termini per l’attuazione di alcune misure del PNRR e si evidenziano le difficoltà a raggiungere gli obiettivi previsti, per quasi tutte le azioni sono state richieste proroghe. La costruzione di scuole dell’infanzia e di asili nido prevede complessivamente un investimento di 4,7 miliardi di euro per aumentare l’offerta di 264 mila posti ed è messa a rischio in alcuni comuni dalla mancanza di personale, situazione per certi versi simile per la costruzione di mense scolastiche che rendano possibile il tempo pieno.
Anche il Piano scuola 4.0 che gestisce la trasformazione digitale della scuola è in affanno: l’iniziativa 3.2 del PNRR include quattro iniziative, tra cui la Next Generation Classroom, che prevede la trasformazione digitale di circa 100 mila classi e la Next Generation Lab che prevede la creazione di laboratori nelle scuole del secondo ciclo. L’investimento complessivo è pari a 2,1 miliardi di euro, di cui il 40% riservato alle scuole del Sud Italia. Alle scuole sono stati assegnanti dei fondi che dovrebbero essere spesi entro il 30 giugno 2023: ma non tutte le scuole sono attrezzate per gestire gli ingenti finanziamenti che hanno ricevuto e anche in questo caso è stato richiesto più tempo.
Il software libero e la lettera del prof. Meo
Il Piano scuola 4.0 non ha considerato la digitalizzazione delle scuole come volano culturale ed economico: ad esempio realizzando l’autonomia strategica digitale come indicato dalla Commissione Europea e auspicato dal prof. Meo attraverso l’acquisizione di “servizi basati su software libero e forniti da imprese italiane ed europee” per evitare di consegnare “dati di studenti e docenti a imprese che hanno come modello d’affari la profilazione degli utenti e che sono tenute, per legge, a partecipare ad attività di sorveglianza di massa in spregio ai diritti fondamentali dei nostri concittadini”.
L’informatica libera non raggiunge le scuole per un problema di cultura e un problema di mercato. A volte persino gli insegnanti che conoscono e sono appassionati di software libero non sanno come acquistare da fornitori liberi: sul sito Scuola.linux.it si possono trovare alcune le aziende che offrono soluzioni open come BigBlueButton o Moodle.
Ma quali sono le ragioni per cui il software libero non è adottato a scuola? A questo tema è stata dedicata una tavola rotonda molto ben strutturata che si è svolta a Verona durante l’evento Merge-it: qui un riassunto https://wiki.wikimedia.it/wiki/MERGE-it_2023/Scuola/Appunti. Si è discusso di possibili cause dovute a leggi e politiche, di strumenti esistenti o mancanti, nonché di possibili soluzioni, quali modelli di distribuzione e collaborazioni internazionali. Sono emerse difficoltà di vario tipo: scarsa conoscenza da parte delle scuole e mancanza di una volontà politica di investire nel software libero, scarso coordinamento fra le diverse realtà territoriali e la difficoltà delle piccole o micro aziende a competere con giganti digitali.
Digitalizzazione per cosa?
La digitalizzazione della scuola secondo il Piano scuola 4.0 non riesce a convincere tutti: lo testimonia il rigetto da parte del consiglio di istituto del Liceo Albertelli di Roma del finanziamento previsto dalla Piano Scuola 4.0, per un progetto di centinaia di migliaia di euro per consentire agli studenti di diventare “Digital Curator, Social Media Manager, Social Media Editor, Digital Media Curator”
La lettera contesta l’impianto del Piano scuola 4.0 e sembra proporre un’antitesi fra lo studio e l’uso delle tecnologie digitali: Crediamo che il miglioramento della didattica passi per ben altre vie e che l’attenzione spasmodica alla digitalizzazione significhi da un lato la riduzione tout court dell’importanza delle discipline umanistiche, della storia e della formazione del pensiero, dall’altra impoverimento e banalizzazione dello studio delle scienze, che rischia di ridursi ad un insieme precetti.
Al lascito del digitale da pandemia, possiamo addebitare i mancati riferimenti ad una visione alternativa di tecnologie digitali che promuovono approcci aperti, cooperativi, non profilanti ed emancipanti, nonostante alcuni allarmi lanciati a tempo debito, ad esempio dal prof. Marco Guastavigna.
I modelli virtuosi esistono!
I modelli di digitalizzazione aperti ci sono e funzionano: a Bolzano il progetto FUSS – Free Upgrade for a Digital Sustainable School http://fuss.bz.it fornisce a 80 scuole (1900 docenti, 16000 studenti) servizi informatici basati sul software libero con partner tecnologici locali in linea con quanto previsto dall’articolo 69 del CAD; a Barcellona Xnet ha creato una soluzione aperta per l’uso dei servizi digitali a scuola e su invito del compianto David Sassoli, la coordinatrice del progetto ha scritto un manifesto per un digitale democratico ; in Finlandia il progetto Puavo ha creato una distribuzione Linux utilizzata in varie scuole: la soluzione sarà presentata in webinar il 13 giugno in collaborazione con il progetto FUSS.
FUSS e Xnet hanno richiesto un finanziamento alla UE per progettare una soluzione open per l’informatica a scuola: auspichiamo che vada tutto a buon fine perché abbiamo senz’altro bisogno di un modello di cooperazione europea a cui ispirarci.
Eleonora Pantò 3 giugno 2023, per le rubrica Appunti Selvaggi