17 settembre 2020 Di Maurizio Lana
La biblioteca è un centro di accesso all’informazione e alla conoscenza – ma Internet da anni sta erodendo questo ruolo. Esso è trasversale alle forme (stampa, digitale) con cui informazione e conoscenza sono veicolate. Si potrebbe pensare che “informazione” sia un contenuto alieno, prevalentemente tecnologico (siamo abituati a sentir parlare di IT, tecnologie dell’informazione) ma l’informazione che pure può essere intesa in senso matematico (come fu per lo scritto fondativo di Shannon[1]) deve essere letta anche in senso semantico come ha ben evidenziato Floridi (“semantic information is wellformed, meaningful, and truthful data”[2]). In questa prospettiva continuiamo a confrontarci con Bateson, e con la sua idea-chiave che “l’informazione è una differenza che crea una differenza”[3]: di fronte all’infinita abbondanza di differenze che la realtà offre, la mente ne seleziona alcune che ritiene significative[4] ed esse diventano informazione, catalizzatore di cambiamento e di trasformazione. In questo Bateson riprendeva la dicotomia mappa-territorio formulata da Korzybski[5]: la mappa descrive il territorio selezionandone le caratteristiche rilevanti, e proprio per questo esistono differenti mappe del medesimo territorio che servono a differenti scopi.
Questo ruolo della biblioteca rispetto all’informazione e alla conoscenza non lo scopriamo oggi (i manifesti IFLA bastano a dirlo) ma nel nord-ovest del mondo pensavamo forse di essere ormai ‘oltre’, dimenticando che
- già in tempi ‘ordinari’ una biblioteca può non solo dare accesso a ‘letture da tempo libero’ (lean back) o ‘pubblicazioni scientifiche’ (lean forward)[6] (se così vogliamo polarizzare due forme molto diverse di biblioteca che si rivolgono a due tipologie ben caratterizzate di utenti) ma anche svolgere un ruolo primario di punto di accesso all’informazione per la trasformazione del mondo: cfr. per esempio l’ampia prospettiva di Hamelink[7] o nel contesto italiano l’esperienza descritta su “AIB Studi” da T. Paiano[8];
- nulla di ciò che nella società credevamo consolidato lo è realmente perché tutto è in evoluzione – i mutamenti radicali portati dalla pandemia nel funzionamento della società lo mostrano.
La selezione delle differenze avviene anche per effetto di ciò che fa pensare – sia esso un romanzo o un articolo scientifico. Cioè questo ruolo di centro di accesso all’informazione non riguarda solo le biblioteche scientifiche, ma tutte le biblioteche. Sfortunata – potremmo dire – la biblioteca che crede di essere troppo piccola o periferica o povera per poter avere e mettere a disposizione questa forza catalizzatrice.
Ciò che abbiamo visto emergere nel lockdown è la necessità di biblioteche transmediali, cioè che operino fluidamente tra stampa e digitale, perché in questo modo possono continuare ad essere vive e attive anche se la sede fisica viene temporaneamente chiusa[9]. Una biblioteca che si concepisce come centro di accesso ad informazione e conoscenza valorizza la sua funzione in tempo di chiusura fisica perché nel mondo digitale continua ad essere aperta ai cittadini quando più c’è bisogno di informazione corretta. Qui torna in evidenza il tema della comunità: ogni biblioteca ha una sua comunità di lettori di riferimento – essi in certa misura delineano l’orizzonte primario di attività della biblioteca – e rispetto a loro si specificano le attività di supporto, il tipo di informazione necessaria, i contenuti proposti.
Che cosa serve oggi ad una biblioteca che voglia essere transmediale?[10]
1) offerta di punti di accesso fisico alla rete e al mondo digitale – per gli studenti, per contribuire ad attualizzare il senso del diritto allo studio offrendo dispositivi e connessione, in un quadro di iniziativa globale dello Stato[11]; ma anche per i cittadini perché con la pandemia abbiamo ‘scoperto’ che l’accesso all’informazione è una necessità per tutti;
2) offerta diffusa di formazione generale – per tutti gli utenti, perché riconoscere la necessità di informazione è solo il primo passo: ad esso deve fare seguito la competenza per individuare le risorse informative e per interrogarle. Questa competenza deve essere fornita/formata dai professionisti della biblioteca[12] agli utenti, differenziando e scalando i livelli in una prospettiva analoga all’evoluzione da aritmetica ad algebra ad analisi: si parte da conoscenze più elementari/basiche indispensabili per tutti.
Conosciamo i modelli anglo-americani in cui la biblioteca è luogo di formazione e promozione non strettamente centrato sulla gestione e offerta di pubblicazioni (si va dal prestito di cravatte alla preparazione a un colloquio di lavoro, eminente per ampiezza di questa offerta la New York Public Library). Il criterio è “la biblioteca è là dove le persone vivono” – e una volta che la biblioteca conquista questo spazio, poi lì può parlare, anche di ciò che le è più storicamente proprio, e fare formazione.[13]
3) offerta diffusa di health literacy: perché la pandemia ha ampliato tra i cittadini la consapevolezza della “necessità di informazioni”, in particolare sulla salute:
“Se la pandemia da CoViD-19 ha messo in evidenza il bisogno di terapie efficaci e vaccini, la contemporanea infodemia ha risvegliato nelle persone il bisogno di informazioni e di azioni sulla salute che siano solide e affidabili, ovvero ottenute mediante giusti confronti, altrimenti detti studi randomizzati e controllati”.[14] e dunque occorre conoscere come funziona il metodo scientifico, chi sono le autorità sanitarie (fonti di informazione sanitaria affidabili, in Italia e all’estero), criteri di base per il debunking di un’informazione di contenuto medico/scientifico, e così via. Si aggiunge a questo il fatto che non da oggi le fonti principali di informazione sono i social e la televisione, seguiti dai giornali. In questo elenco di risorse informative le biblioteche non ci sono – comprensibilmente, perché non possono operare sull’immediata attualità della notizia. Ma possono operare efficacemente analizzando e ragionando su “unità di informazione” rilevanti. Giusto a titolo di esempio, da un pragmatico “tra mascherine fai-da-te, chirurgiche, filtranti, quali proteggono meglio e perché?” ad un più complesso “che cosa significa ‘diffusione del virus per aerosol’ e che cosa comporta per la vita quotidiana?” perché non sono nel flusso – il che per alcuni è un difetto, ma noi crediamo che sia (o possa essere attualizzato come) un vantaggio.
4) offerta di accesso libero all’informazione: il fatto che anche i cittadini ‘normali’[15] abbiano bisogno di accesso libero all’informazione sottolinea l’importanza dell’Open Access non solo dal punto di vista degli studiosi ma dal punto della società intera[16]
5) accessibilità e forte presenza nel mondo digitale: perché la chiusura dei luoghi fisici non deve significare che la biblioteca scompare.
L’accesso libero all’informazione grazie al digitale è possibile sempre ma il suo valore si moltiplica quando c’è chiusura dei luoghi fisici perché anche basandosi su di esso i professionisti delle biblioteche possono preparare infografiche tematiche, offrire webinar[17], predisporre Q&A a tema, curare elenchi di risorse informative indispensabili (come una sorta di “cassetta di pronto soccorso informativo”)[18] cioè possono continuare a svolgere la loro attività nei confronti della loro comunità di riferimento e della società del suo complesso.
Maurizio Lana
[1] Claude Elwood Shannon, «A mathematical theory of communication», Bell system technical journal 27, n. 3 (1948): 379–423, https://doi.org/10.1002/j.1538-7305.1948.tb01338.x.
[2] Luciano Floridi, The philosophy of information (Oxford ; New York: Oxford University Press, 2011), 101.
[3] Gregory Bateson, «Form, Substance and Difference (Alfred Korzybski Memorial Lecture 1970)», General Semantics Bulletin, n. 37 (1970), https://www.generalsemantics.org/product/general-semantics-bulletin-no-37-1970/.
[4] Di fronte ad una stanza che contiene mobili, oggetti, suppellettili, eccetera, N persone non ne daranno la medesima descrizione perché ognuna di esse selezionerà alcune differenze (alcune caratteristiche) che ritiene importanti e che caratterizzano dunque per lei tale stanza rispetto ad altre. Ma le differenti descrizioni sono tutte della medesima stanza!
[5] Alfred Korzybski, Science and sanity. An introduction to non-Aristotelian systems and general semantics (Science Press Printing Company, 1933).
[6] Gino Roncaglia, La quarta rivoluzione: sei lezioni sul futuro del libro (Roma: Laterza, 2010).
[7] Cees Hamelink, «An alternative to news», Journal of Communication 26, n. 4 (dicembre 1976): 120–23, https://doi.org/10.1111/j.1460-2466.1976.tb01947.x.
[8] Tommaso Paiano, «Information literacy e mondo del lavoro: un connubio possibile anche in Italia?», AIB studi 56, n. 2 (2016).
[9] Purché la governance della biblioteca non decida di lasciare a casa tutti i lavoratori non strutturati, in una obsoleta visione per cui la biblioteca esiste solo per dare in prestito libri a stampa.
[10] Presupponendo che sul versante delle collezioni fisiche e della loro fruizione non ci sono aspetti particolarmente rilevanti da discutere alla luce dell’esperienza della pandemia, se non la questione della sanificazione precauzionale dei supporti (libri, riviste, cd, videocassette, eccetera) andati in prestito agli utenti, che però è indipendente dalla fruizione dei contenuti.
[11] Occorre che tutte le biblioteche vengano allacciate all’infrastruttura in fibra ottica, che peraltro non raggiunge ancora tutto il territorio dello Stato; e che vengano dotate di dispositivi (router e server di livello aziendale) in una gestione unitaria sia di acquisto per ottimizzare i costi; sia di configurazione per ottimizzare la gestione.
[12] Anch’essi ovviamente dovranno formarsi, se non hanno competenza transmediale.
[13]Sulle valenze innovative e trasformative di una biblioteca situata è centrale il recente libro di Luca Ferrieri, La biblioteca che verrà: pubblica, aperta, sociale (Milano: Editrice Bibliografica, 2020).
[14] Camilla Alderighi e Raffaele Rasoini, «Il re nudo nella pandemia: sulla produzione e comunicazione del sapere scientifico ai tempi di SARS-CoV-2», Recenti Progressi in Medicina 111, n. 7 (1 luglio 2020): 398–401, https://doi.org/10.1701/3407.33920.
[15] Cioè che non lavorino per istituzioni di studio e ricerca che facilitano o offrono ai dipendenti accesso libero alle risorse informative a pagamento.
[16] Maurizio Lana, «Information Literacy Needs Open Access», in Digital Libraries: Supporting Open Science: 15th Italian Research Conference on Digital Libraries, IRCDL 2019, Pisa, Italy, January 31 – February 1, 2019, Proceedings, a c. di Paolo Manghi, Leonardo Candela, e Gianmaria Silvello, vol. 988, Communications in Computer and Information Science (Springer International Publishing, 2019), https://doi.org/10.1007/978-3-030-11226-4.
[17] Come ad esempio quelli del progetto “Sapere digitale – educazione civica digitale in biblioteca”, https://www.saperedigitale.org/
[18] Se pensiamo al problema di raggiungere gli utenti con la comunicazione, si vede l’utilità degli indirizzari e dei contatti stabiliti anche solo in relazione al prestito di formine da biscotti o alla preparazione ad un colloquio di lavoro, già menzionati sopra.