Un piccolo focus sui componenti del nostro comitato scientifico: questa settimana è il turno di Paolo Giovine. Sotto trovate la breve nota biografica, che trovate anche nella pagina dedicata al comitato, ma il modo migliore per presentare Paolo è forse un estratto del suo post di ieri su Facebook da me rubato, come la foto. Non si dovrebbe fare ma le parole di Giovine sono importanti, ispirano anche questo progetto e condivisibilissime. Inutile, infine, aggiungere che valgono anche per le biblioteche.
Augusta Giovannoli
“La scuola ai tempi del virus.
Questa sera ho visto PresaDiretta e ho seguito con attenzione il servizio sulla “scuola che deve cambiare”; nulla di nuovo per chi si occupa di queste cose da un po’ di anni, un mix di cose molto interessanti ed altre meno, una celebrazione un po’ acritica del mito finlandese e qualche momento di pura retorica avanguardista (…).
Tutto questo casualmente capita in giornate in cui le ministre del Governo si pronunciano sulle sorti magnifiche e progressive delle piattaforme digitali e mentre tutti si affannano a procurare ai nostri figliuoli qualcosa da fare mentre le scuole sono chiuse e le quarantene vengono violate solo virtualmente.
Da anziano della rete, che sa chi erano i Beatles e Netscape, mi sovviene che:
– sono anni che discutiamo di infrastrutture e di formazione degli insegnanti, ma quando si tratta di entrare nel merito e di fare le cose in molti si defilano, o si oppongono, perché le novità cambiano le posizioni di potere, e spesso il potere se ne fotte dell’innovazione didattica; salvo poi accodarsi nei momenti come questi ai cantori delle magnifiche sorti e progressive del digitale, che hanno un piccolo spazio procurato dall’emergenza, come vulcanologi nel pieno di un’eruzione;
– non si può improvvisare, non esistono soluzioni facili o piattaforme uniche e tantomeno standard: perché nessuno se ne sa o vuole occupare, e quindi i libri scolastici digitali sono su quarantasei piattaforme diverse, non tutte esemplari per contemporaneità, le scuole sono farcite di hardware improbabili ed obsoleti, i registri scolastici sono gestiti da pochi privati che hanno scritto le regole, le scuole primarie non possono assumere un responsabile tecnico e la formazione degli insegnanti ha modalità esoteriche quando non improbabili, come quella di erogare dei soldi che possono anche essere spesi per lo smartphone del nipote;
– l’innovazione della scuola è eteroguidata da poche aziende che scelgono al posto dei nostri insegnanti: e non ci sono i buoni e i cattivi, ma c’è un sistema di spargimento a pioggia che chiede di fare gare, relazioni, carte, valutazioni che, semplicemente, richiedono troppa fatica e conoscenza; quindi si delega ad altri e si segue un po’ il trend del momento (Lim, stampanti 3D, robot, atelier creativi, AR, VR, tavoli esagonali e pareti a scorrimento). E ogni tanto si confondono Google e Microsoft per disinteressati dispensatori di software omaggio, o l’ottima Lego per una onlus: invece sono aziende gestite da professionisti capaci, che fanno business con l’innovazione, portando certamente enorme valore ma in cambio di un tornaconto (non sempre sufficientemente) chiaro;
– la scuola italiana occupa un milione di persone, che mandano a casa governi (citofonare Renzi) e hanno una fisiologica necessita di messaggi semplici: se per mesi si alimentano dibattiti sui pericoli dei social, sullo spegnimento dei telefonini, sulle chat filonaziste, come si può pretendere che alla prima quarantena si cambi idea e si invitino gli studenti ad impugnare i loro smartphone per una sana e consapevole didattica a distanza?
Io ho forse a portata il 90% di quello che servirebbe per dare una risposta tecnologica alle domande che vengono fatte in questi giorni (anche a me); la tecnologia c’è, da tempo, le aziende fanno riunioni complicate a distanza, formano i loro dipendenti su intranet evolute, producono contenuti multimediali che vengono scambiati in tempo reale. Non ci sono alibi, non ci sono scuse: non serve a nulla la chiamata alle armi in emergenza, nessuno impara quello che servirebbe, si improvvisa e si fa anche peggio.
Vogliamo usare bene questo tempo complicato? Allora fermiamoci: agli studenti suggeriamo qualche bella lettura e qualche attività intelligente, anche online, e nel frattempo ragioniamo seriamente sulle priorità e il modo di fare le cose. Ad esempio, stabilendo che senza una connessione non si raggiunge nessuno, e quindi preoccupandoci di censire le dotazioni tecniche dei nostri studenti e delle loro famiglie: si parte dai fondamentali, che si chiamano così perché stanno all’inizio di qualsiasi progetto.
Il tempo del marketing è finito, servono meno annunci e più competenza: la velocità travolge i parolai, il futuro è inesorabile.
Per questo mi taccio e aspetto paziente, il fiume scorre sereno stanotte.
Paolo Giovine è un imprenditore votato all’innovazione nel publishing e nell’education, settori dove è attivo con le sue aziende (Conversa e PubCoder) e come consulente di progetti di social innovation, quali Riconnessioni della Compagnia di San Paolo. In passato ha gestito le attività internet e radiotelevisive di Gruppo Espresso ed ha lavorato con HFarm in qualità di partner. Ha investito in alcune startup, tra cui Timbuktù, editore del bestseller Storie della buonanotte per bambine ribelli.