Quest’articolo è diviso in due parti: la prima parte presenta il concetto di software libero e proprietario e come questo concetto si applica all’IA. Si esamina il concetto di open education, con una breve selezione di software educativi liberi. Nella seconda parte si presentano alcuni software educativi che utilizzano l’IA chiusa e aperta. Si forniscono infine alcune indicazioni per lo sviluppo di materiali educativi aperti con l’IA.
Di Eleonora Pantò per la rubrica Appunti Selvaggi
Il motore delle tecnologie digitali è il software, le istruzioni che sono impartite alle macchine per farle funzionare, che costituiscono gli algoritmi. Il software o codice sorgente (source code) può essere visibile a tutti e quindi è aperto – open source software (OSS) oppure proprietario. Tutto il software in origine era aperto: erano in tempi d’oro in cui le università sviluppavano i primi prototipi e per i quali la collaborazione e il confronto era un valore aggiunto. Internet è nata dalla ricerca universitaria e il software che la governa (protocolli di rete, ecc.) è aperto e questo ne garantisce il buon funzionamento e l’adozione. Quando il software ha iniziato ad essere un prodotto commerciale, una soluzione migliore diventava un vantaggio competitivo e quindi non andava condivisa. Acquistare un software proprietario, fornisce il diritto ad usarlo ma non se ne diventa proprietari: ci sono diritti accessori (garanzie per il funzionamento) ma anche restrizioni (non si può modificare, non si può cedere il diritto ad altri, ecc). Il software aperto generalmente consente la modifica ma richiede che i prodotti “derivati” siano anch’essi rilasciati nella stessa modalità. Quasi per ogni applicazione esistono software proprietari e software open source: sistemi operativi, browser per la navigazione, suite per la produttività personale (fogli di calcolo, scrittura di documenti, presentazioni) ma anche sistemi che gestiscono i nostri archivi online (cloud), i server che ospitano i siti web (server).
Anche i software di intelligenza generativa sono disponibili in versione aperta e chiusa e adottano dei modelli di base (foundation model) per l’apprendimento automatico i primi modelli di base erano linguistici (Chat GPTx di Open AI e BERT di Google), poi sono diventati multimodali per la gestione di immagini e video (Dall-E è un software proprietario e Stable Diffusion è open source), musicale e si stanno specializzando per in settori specifici come la matematica, l’astronomia, la genomica. Esistono molti sistemi di IAG open source e spesso sono le stesse aziende che vendono i modelli proprietari a rilasciare versioni open per godere di alcuni vantaggi connessi alla collaborazione, come ha fatto Facebook con il suo software LLAMA2. Lo sviluppo di modelli di base richiede investimenti molto elevati per le risorse di calcolo e basi dati di grandissime dimensioni: le aziende e le startup che decidono di adottarli si pongono una serie di dilemmi: per la scelta vanno pesati diversi fattori come la collaborazione, la personalizzazione, la trasparenza, i rischi etici, la sicurezza e la qualità, nonché tutti i fattori economici, investimenti necessari, costi e ricavi.
Con l’avvento dell’IA, anche il concetto di Open software è cambiato: secondo l’Open Source Initiative (OSI), l’“open source non significa solo accesso al codice sorgente” ma ci sono 10 ulteriori criteri che vanno rispettati, per favorire la distribuzione a costi ragionevoli, non deve essere discriminatorio e la licenza non deve limitare altri software. Soddisfare tutti i requisiti dell’OSI è difficile e molte aziende open source lo fanno solo in parte: ad esempio si rilasciano in modalità open source i pesi del modello – i parametri numerici che influenzano le prestazioni di un modello di intelligenza artificiale – ma non i dati o il processo di addestramento.
In sintesi siamo in un fase di cambiamenti veloce, da un punto di vista tecnologico e questo si riflette sul mercato, e di conseguenza sulle modalità di adozione e infine sugli aspetti normativi.
L’IA per l’Educazione
L’integrazione dell’intelligenza artificiale (IA) nei processi educativi sta creando un vivace dibattito dal suo ingresso in scena alla fine del 2022. Alle tante promesse: miglioramento dell’accessibilità, personalizzazione dell’educazione, raccolta e analisi di dati per personalizzare l’apprendimento, possibilità di adattare l’insegnamento ad esigenze specifiche e aumentare l’inclusione, si affiancano tante preoccupazioni: ci toglierà il lavoro, serve davvero per imparare, manca la trasparenza, rispetta parametri di eticità, è discriminatoria, ha le allucinazioni. Promesse che in parte riecheggiano quelle di una ventina d’anni fa, quando l’introduzione dei PC per ogni studente, avrebbe magicamente risolto molti degli annosi problemi educativi: non a caso, allora come ora, le tecnologie venivano spacciate come la soluzione alla carenza di insegnanti.
Si richiedono nuove competenze agli insegnanti perché padroneggino tali strumenti e diano agli studenti la chiave per utilizzare al meglio questi strumenti: per questo si moltiplicano da un lato le linee guida e le politiche per un uso educativo, dall’altro piattaforme e applicazioni educative che usano l’IA.
Un uso critico ed etico di queste tecnologie prevede la consapevolezza della situazione in atto nel mondo digitale che vede una spinta alla centralizzazione e alla “piattaformizzazione” dell’educazione, per favorire invece una dimensione di condivisione e cooperazione della conoscenza.
Per un approfondimento sulle linee guida per l’adozione di IA nell’educazione vi rimando a questo articolo.
L’educazione aperta
Mauro Guerrini, in un articolo per Biblioteche Oggi definisce la filosofia open come “una visione aperta, dinamica e positiva del rapporto individuo-società. Open si unisce, inoltre, a sostantivi che esprimono nuove visioni della tecnologia improntate alla partecipazione, condivisione e trasparenza, quali open data e open source”.
Vogliamo insistere qui anche sul tema dell’open education – educazione aperta, il movimento nato per eliminare o ridurre le barriere per gli studenti, a partire dalla disponibilità di materiali didattici e libri di testo gratuiti e distribuiti con licenze aperte (OER – Open Education Resources), all’uso di strumenti software di tipo aperto fino a proporre pratiche educative aperte che spaziano dal coinvolgimento attivo degli studenti alla valutazione. Le risorse educative aperte sono considerate dall’UNESCO uno degli elementi fondamentali per garantire il raggiungimento dell’obiettivo 4, educazione di qualità.
I software educativi aperti
Esistono numerosi software aperti per l’educazione: esempi di piattaforme strutturate sono ladigitale – completamente tradotta in italiano e Framasoft, un’associazione che ha come obiettivo di “degooglizzare Internet” creando software alternativi per fare le stesse cose, sottraendosi al monopolio dei colossi digitali. L’uso del software libero per l’educazione in Francia è sostenuto da politiche pubbliche: viene celebrato durante la “Journée du Libre Éducatif – la giornata dell’educazione libera”, che rientra nella Strategia Digitale per l’Istruzione del Ministero per l’educazione e precisamente nell’azione Sostenere lo sviluppo dei beni comuni digitali. Sul sito della giornata francese, si possono trovare alcuni applicativi open source molto utili, come Audio Lingua, un sito per l’apprendimento delle lingue che offre file in formato audio in 14 lingue diverse e altri consultabili nella sezione Ateliers di questa pagina.