Alla tavola rotonda dell’AIB sulle competenze digitali abbiamo incontrato una docente di quelle speciali, Chiara De Angelis, che è impegnata nell’insegnare ai più piccoli ad avere a che fare con la disinformazione. La sua esperienza ci è parsa preziosa: le abbiamo chiesto di scrivere un articolo per il blog da condividere!
Quando negli anni ‘70 del ‘900, un avvocato che si occupava di copyright, Paul Zurkowski, venne chiamato a trattare il tema dell’uso etico e consapevole dell’informazione in una società in cui le tecnologie iniziavano a pervadere la vita delle persone e coniò il termine information literacy, erano gli albori di quanto accade oggi, nella società odierna, in cui siamo talmente immersi e sommersi dalle informazioni, tramite TV, Internet, social e videogiochi di tutti i tipi, che abbiamo casi di sovraccarico informativo (information overload) e conseguenti patologie che sono allo studio. Per non parlare della qualità delle informazioni che arrivano a noi e ai nostri piccoli, in ogni momento e senza filtri o quasi, oltre alla questione dell’uso etico delle stesse, quindi al non copiare ma creare nuova informazione e, non ultimo, al saper riconoscere le false notizie.
Si può insegnare a riflettere a bambini sottoposti a un continuo bombardamento di informazioni e iper-stimolati dalle molteplici attività che svolgono, che vivono a ritmi frenetici, per i quali è praticamente impossibile fermarsi a pensare? La risposta è sì e vorrei indicare una possibile via, percorribile perché già sperimentata, per insegnare in modo semplice e pratico ai bambini a fermarsi, a pensare prima di agire e poi e riflettere su quanto hanno fatto. Si tratta di una questione di cruciale importanza, che ha a che fare con la capacità decisionale, il pensiero critico, quindi la cittadinanza attiva, il pensiero creativo, quindi l’innovazione, la competitività del nostro Paese a livello mondiale. Si può realizzare, insegnando a scuola ad essere info-competenti fin dalla tenera età.
Diventa quindi fondamentale capire come difenderci e fare un buon uso dell’informazione che arriva a noi. Sappiamo che eminenti istituzioni e associazioni lavorano fin dagli ultimi decenni del ‘900 su questa tematica: UNESCO e l’IFLA collaborano proficuamente, ma anche l’ALA, l’Unione Europea, in particolare con il DigiComp, l’AIB con le sue linee guida e le molteplici iniziative. Non ultima l’ONU, con l’Agenda 2030 che, in particolare al punto quattro, prevede, a tutti gli effetti, la competenza informativa. Perché? Perché si tratta di una questione che va decisamente al di là della gestione dell’informazione stessa.
Tutto questo si può insegnare a scuola, secondo alcuni modelli di apprendimento, ovvero, metodologie di insegnamento che si inseriscono nella normale didattica delle classi, promuovendo un apprendimento più attivo, autonomo e collaborativo, quindi motivante, un apprendimento “significativo”, che dura nel tempo. L’efficacia di questo percorso è attestata da numerosi studi scientifici, condotti all’estero.
Da qualche anno, ho iniziato ad utilizzare nel processo di insegnamento-apprendimento uno dei modelli per l’acquisizione della competenza informativa, il modello Super3 (Eisenberg, Berkowitz, 1988), con i bambini dell’ultimo anno della scuola dell’infanzia e i primi tre della scuola primaria, con ottimi risultati in termini di apprendimento e motivazione allo studio. Sono partita dal suddetto modello e ne ho modificato alcuni aspetti, fondendolo sostanzialmente con l’ IBSE, tramite l’utilizzo sistematico di un brainstorming iniziale, la creazione di mappe condivise, l’introduzione dei cinque sensi e dell’esperimento/esperienza pratica tra le fonti di informazione e una valutazione finale di consegna, contenuto, forma, impegno e coinvolgimento emotivo.
Fondamentale è fornire ai bambini tutte le possibili fonti di informazione, quindi, dove non esista già, realizzare all’interno della scuola uno spazio dedicato ai libri, in un locale apposito, oppure come uno o più reading corner negli spazi comuni della scuola, adottando un semplice sistema di catalogazione che i bambini siano in grado di leggere, nel mio caso per colore, dotando la scuola di libri di tipo scientifico, indispensabili nel processo di ricerca e creando un ambiente confortevole, dove leggere sia un piacere.
Si deve contemplare anche di utilizzare insieme ai bambini le fonti di informazione digitali, quindi PC e LIM, ma anche app, come Google Lens, motori di ricerca e programmi, giochi interattivi, video e immagini. Oltre alla maestra, ai compagni e agli esperti, tutti valide fonti di informazione. Infatti, oramai da qualche anno, siamo passati alla competenza informativa e mediatica, la MIL, all’insegnare anche la competenza digitale, come strumento utile per la ricerca e il percorso di apprendimento, non solamente per il tempo libero, che in nessun modo però può sostituirsi all’esperienza percettiva, indispensabile al formarsi degli schemi cerebrali.
I tre momenti del processo adottato, ovvero pianificare, fare, revisionare, permettono ad insegnanti e alunni di centrare il problema da risolvere (consegna, bisogno informativo), di organizzare il proprio lavoro prima di iniziare, di individuare le giuste fonti di informazione, di decidere come utilizzarle, per poi passare alla fase di ricerca, in vista della produzione di un lavoro finale, che va revisionato, valutato, in tutti i suoi aspetti: contenuto, forma, impegno, gradimento. Il lavoro di restituzione può essere di diversa tipologia e l’alunno può anche scegliere tra diverse opzioni proposte dall’insegnante o proporre lei/lui stesso un lavoro di restituzione, cosa che è accaduta in classe terza con i diorami degli ecosistemi.
Faccio un esempio pratico. Ultimo anno della scuola dell’infanzia. Dopo un paio di lezioni in cui viene presentata la competenza informativa e la modalità di lavoro, tramite una presentazione in PowerPoint e un racconto in cui è protagonista un personaggio in pezza, si passa ad esplorare un argomento, ad esempio il fiore. Come insegnante pianifico due lezioni, ciò vuol dire prevedere fonti di informazioni, materiali, domande guida, strumenti, attività pratiche, strumenti di revisione del lavoro. Porto in classe un vassoio contenente tre tipi di fiori diversi e una lente di ingrandimento. Chiedo ai bambini di cosa parleremo. Poi di sperimentare, quindi, toccare, annusare, guardare con la lente e riferirmi tutte le informazioni che i loro sensi restituiscono, trovare analogie e differenze tra i diversi fiori. Scriviamo tutto alla lavagna.
A questo punto pongo delle domande guida più specifiche, partendo da quanto hanno detto i bambini, per apprendere cose nuove e do le risposte solamente lì dove loro non arrivano. Al termine di questa lezione, mostro loro come trovare immagini in Internet, dall’icona del motore di ricerca, al dire loro cosa digito, allo spiegare cosa è un sito, al mostrare quante immagini di tipo diverso possiamo trovare. Poi con il cellulare, inquadro i fiori portati in classe con Google Lens e leggo loro le notizie che vengono fuori. Faccio provare loro. È chiaro che a questa età l’adulto deve assolutamente essere presente e trasmettere le giuste modalità di utilizzo, ma così facendo, comunque si passa ai bambini una modalità di azione, che verrà sempre più affidata loro negli anni successivi. Al termine della lezione li invito a riflettere su quali fonti di informazione abbiamo utilizzato. Durante la seconda lezione viene proposta un’attività pratica: realizziamo un libricino secondo il principio per cui do le parti per arrivare al tutto, quindi, a ognuno vengono affidati due fiori uguali, nel nostro caso dell’infiorescenza del glicine, uno rimarrà intero, l’altro verrà diviso in parti e scriveremo i nomi delle parti fondamentali del fiore: peduncolo, calice, petalo e poi il fiore intero, che sarà l’ultima pagina del nostro libricino. Al termine, i bambini vengono invitati, tramite una scheda di lavoro ad immagini da cerchiare o colorare, a revisionare il proprio lavoro in quanto a rispetto della consegna, contenuto, forma, impegno e gradimento dell’attività.
In questo modo, con il tempo, si insegna ai propri alunni il COME fare le cose, il processo, in vista non solo del loro percorso di studi, ma delle competenze utili alla vita. Si tratta di un percorso che richiede tempo, che non si esaurisce in qualche lezione, né in un anno scolastico, percorso all’interno del quale si possono utilizzare diverse strategie e metodologie di lavoro. Tutto ciò è il presupposto dell’apprendimento permanente e della cittadinanza attiva che UNESCO, IFLA e Unione Europea auspicano per i nostri ragazzi.
A questo scopo, è di fondamentale importanza formare gli adulti che circondano i bambini, insegnanti e genitori, affinché siano loro stessi “info-competenti”, per poter supportare i piccoli discenti nel loro percorso di apprendimento. Le uniche resistenze che ho in contrato nel lavorare con questa modalità riguardano, infatti, proprio gli adulti. Gli insegnanti generalmente sostengono che ci vuole troppo tempo per lavorare in questo modo e non hanno tutti i torti, se pensiamo che la divisione oraria, quindi in discipline, quindi, la settorializzazione del sapere, non ci aiuta affatto. Paradossalmente, è più semplice trasmettere la competenza informativa nella scuola dell’infanzia, dove la maestra gestisce in piena libertà le ore che ha a disposizione e può lavorare tranquillamente per macro-argomenti, predisponendo delle UDA fondate sulla competenza informativa. Purtroppo, dalla scuola primaria in poi, la divisione in discipline e la conseguente divisione oraria non consentono tempi di lavoro distesi.
Ma pianificando il proprio lavoro e collaborando con i colleghi si può ovviare al problema. Sicuramente ci vuole impegno e la pianificazione diventa cruciale. L’altro muro che ho incontrato è stato quello di alcuni genitori, per i quali l’affidare gradualmente il lavoro di ricerca ai bambini non è adatto alla loro età, come se non ne fossero in grado. Non pensano al fatto che l’insegnante in classe li aiuta ad organizzare il lavoro, ad accedere alle fonti in prima persona, a realizzare il lavoro di restituzione e a valutarlo, per poi lavorare così anche a casa, come modalità di studio. Temono quindi di dover lavorare al loro posto a casa. Oltre al fatto che alcuni non ritengono che Internet sia una valida fonte di informazione. Ma è solo facendo, in prima persona, che si apprende realmente. I primi lavori saranno grezzi, incompleti, ma gradualmente i ragazzi impareranno realmente a lavorare in modo autonomo, a gestire le fonti di informazione e le informazioni stesse, con una modalità che li rende protagonisti e quindi molto motivante per loro. È ormai un dato consolidato questo, che si fonda sulla psicologia dello sviluppo e sulla pedagogia e che ha dato luogo all’attuale didattica. Ma che in realtà si trova raramente a scuola, dove le lezioni frontali sono generalmente l’unica modalità utilizzata per insegnare, che è comunque valida, se affiancata da attività pratiche, svolte in prima persona. È solamente in questo modo che si può costruire un apprendimento significativo e le neuroscienze lo stanno confermando.
Chiara De Angelis, maggio 2023
Bibliografia
Eisenberg M. B. and Berkowitz R. E. (1999) “Teaching Information & Technology skills: the Big6 in elementary schools” -Worthington- Linworth publishing, inc.
Eisenberg M B. and Eisenberg Robinson L. (2007) “The Super3- Information skills for youg learners” – Worthington- Linworth Books
Marquardt L., Moretti G, Morini A. L. (2021) La biblioteca scolastica e le sue figure professionali: concetti in trasformazione- Milano- Ledizioni
Montessori M. (2013) – La scoperta del bambino- Milano- Garzanti Libri s.r.l.
Moore R. (1997) -The Need for Nature: A Childhood Right – Social Justice 24(3): 203-220
E. Morin- La testa ben fatta- (2008) – Milano- Raffaello Cortina Editore
Schaffer H. R. (2005) Psicologia dello sviluppo- Milano- Raffaello Cortina Editore
Sitografia
Per la competenza informativa
Per l’AIB
Per il lavoro di Eisenberg
Big6 e Super3
Webliografia
Per gli studi sul Big6
- https://www.researchgate.net/publication/234713449_Information_Problem-Solving_The_Big_Six_Skills_Approach
- https://www.ala.org/aasl/sites/ala.org.aasl/files/content/aaslpubsandjournals/slr/vol6/SLMR_BigSixInfoSkills_V6.pdf
- https://www.researchgate.net/publication/330261131_What_Could_the_Big6_Strategy_Do_to_Students’_English_and_Information_Literacies
- https://www.researchgate.net/publication/260505710_Integrating_Big6_Information_Literacy_Skills_in_Project_Based_Learning_A_Case_Study_in_Higher_Education
Per gli studi sul Super
Per l’IBSE
DigiComp 2.2
Quadro europeo delle competenze chiave per l’apprendimento