Il progetto Scuola Sconfinata è partito a Milano nel 2020 da una collaborazione della Fondazione Feltrinelli con il movimento “E tu da che parte stai?” che, a seguito della chiusura delle scuole per l’emergenza pandemica, voleva progettare una nuova scuola, senza confini. In questi due anni si sono susseguiti momenti di riflessione e di condivisione che riassumo brevemente nel seguito, per arrivare ad una fase attuativa iniziata a settembre di quest’anno.
Le prime fasi di “Scuola sconfinata”
“Sconfinare la scuola” per mettere in atto forme e percorsi inediti dell’apprendimento, in equilibrio tra analogico e digitale, tra spazi tradizionali e diffusi. Per coinvolgere nuovi attori ed esplorare modelli territoriali che mettano realmente al centro i bambini e le bambine, i ragazzi e le ragazze, garantendo loro condizioni di benessere mentale, emotivo e fisico.”
Nel novembre 2020, Scuola sconfinata elabora un elenco di priorità e raccomandazioni che include: la tutela della salute come benessere integrale, una didattica evolutiva e vicina ai bisogni dei singoli, la progettazione di nuovi spazi di apprendimento, lo sviluppo professionale degli insegnanti, la governance e il rapporto con il contesto attraverso i patti educativi, l’integrazione delle tecnologie digitali.
Il processo di condivisione e riflessione è proseguito con laboratori territoriali di ascolto in alcune città e la successiva pubblicazione del libro Scuola Sconfinata. Proposta per una rivoluzione educativa (Fondazione G. Feltrinelli, 2021), liberamente scaricabile.
La fase attuativa della scuola sconfinata
Dai principi all’attuazione, nel 2022 si prevedono iniziative di formazione e di ideazione per realizzare la Scuola Sconfinata. Questa terza fase si è aperta il 9 settembre scorso con un incontro in presenza, a cui hanno partecipato un centinaio di esperti con background diversi, organizzati su sei tavoli tematici: #partecipazione e salute, #persone e relazioni; #didattica; #spazi di apprendimento, #patti di comunità e #cittadinanza digitale.
La Cittadinanza Digitale
Sono stata invitata al tavolo sulla #cittadinanzadigitale che era coordinato da Paolo Landri, sociologo dell’educazione del CNR-IRPPS e Nazario Zambaldi insegnante e poliedrico operatore culturale. Al nostro tavolo erano presenti due rappresentanti di Maestri di Strada – Filomena Carillo e Irvin Vairetti, un referente del gruppo di ricerca e attivismo digitale Ippolita, Layla Pavone storica esperta di digitale e ora referente per innovazione digitale al Comune di Milano, Francesca Peruzzo, ricercatrice dell’Universita di Birmingham, Fabio Esposito ricercatore dell’Univ. Federico II di Napoli, Pietro Babina regista. Il gruppo doveva confrontarsi sul tema “Quale forme assume il digitale democratico nella scuola? Quali sono le premesse e le condizioni per realizzarlo?” per definire delle linee guida e individuare ostacoli.
La diversità delle esperienze ha alimentato un ricco confronto sul digitale nella scuola sconfinata. Ci siamo interrogati sul tipo di libertà che la scuola promuove e se prevalga il controllo sull’emancipazione., su come i linguaggi digitali informano il nostro modo di pensare, sul fatto gli adulti più dei giovani non sappiano gestire la propria relazione con gli strumenti digitali, sul rapporto fra la scuola in presenza e la scuola a distanza e sulla necessità di dare un senso agli strumenti, in un processo che Freire definisce di coscientizzazione.
Dopo la fase di discussione, è stato il momento degli esercizi: grazie al Teatro Forum di Casa della Pace, si è provata a mettere in azione situazioni concrete e ostacoli con la tecnica del Teatro dell’Oppresso: una tecnica in cui la barriera invisibile fra attori e pubblico non esiste, il testo viene riscritto con l’aiuto degli spettatori. E’ stato un momento molto intenso, in cui l’atteggiamento verso la nuova collega che arriva a scuola carica di entusiasmo subito ridimensionata con l’“abbiamo sempre fatto cosi”, gli studenti inascoltati hanno portato il pubblico a reagire e mettersi in gioco. Davvero molto efficace.
Come realizzare il digitale democratico a scuola?
Il gruppo ha elaborato alcune raccomandazioni quali la necessità di un maggiore coinvolgimento degli insegnanti e delle famiglie nella scelta degli strumenti (piattaforme) digitali da adottare, la necessità di maggiori investimenti con più trasparenza per capire chi è che investe nella scuola e da dove provengono i soldi, la standardizzazione di alcuni processi organizzativi e l’interoperabilità delle piattaforme tecnologiche.
Si è discusso di educazione aperta e di libri di testo aperti e gratuiti: un movimento – quello delle OER – che in Italia non attecchisce, per fattori che ho già analizzato in altri articoli.
Serve una maggiore consapevolezza
In generale, tutta la questione dell’uso delle tecnologie a scuole soffre di carenze strutturali: manca un progetto per l’infrastrutturazione sistematica nella scuola. In Italia, dopo quasi vent’anni di progetti e iniziative su internet a scuola, ci sono ancora scuole non connesse e insegnanti che non hanno sufficienti competenze: la Didattica Digitale Integrata (Emergenziale) è stata velocemente accantonata, senza una vera analisi di cosa abbia funzionato e cosa no.
L a disponibilità di piattaforme commerciali in modo gratuito ha risolto una criticità nel momento dell’emergenza, ma ha creato una consuetudine (o una dipendenza?), a cui non è seguita un’indicazione/formazione da parte dei governi, verso scuole e università per tutelare studenti e famiglie e anche insegnanti.
La mancata sensibilizzazione sui temi della titolarità e del trattamento dati, crea insofferenza verso qualcosa che è vissuto come un’inutile sovraccarico burocratico, come ben dimostrano le reazioni all’iniziativa di MonitoraPA sull’accesso massivo agli atti delle scuole per gli acquisti di tecnologie che al momento è oggetto di critiche e in attesa di un pronunciamento del Garante.
In alcuni stati europei, c’è fermento nei confronti delle piattaforme digitali non libere a scuola: in Francia il ministero sta creato strumenti basati sul software libero per la scuola, come descritto da quest’articolo in francese, a Barcellona su impulso delle famiglie il Comune ha investito per realizzare una prima piattaforma open source che eviti la raccolta massiccia di dati sugli studenti. L’ultimo caso è quello della città di Helsingør che ha vietato l’uso di Google a scuola, creando disagi a studenti e insegnanti, a seguito di una campagna avviata da un genitore.
Il tempo è un fattore critico: purtroppo siamo di fronte un ritardo strutturale nell’affrontare le sfide che le tecnologie digitali ci presentano, per questo abbiamo bisogno di iniziative come scuola sconfinata.
Eleonora Pantò per la rubrica Appunti Selvaggi